mercoledì 30 marzo 2011

Palazzo Barberini

Metro A ogni 3 minuti, fermata Barberini, a piedi fino a Via delle Quattro Fontane 13.
Esterno: una splendida fontana quieta, senza zampilli, l'androne all'aperto si snoda su due scale a chiocciola simmetriche la cui imponenza non richiede che intonaco bianco a decoro dei muri. Archi allineati con precisione allargano la vista su un giardino odoroso, con casette avvolte da spessi fogli di edera secca. Siepi labirintiche e, un paio di metri più alto, la terrazza, che si estende in lunghezza sul giardino. Camelie rosse nei grandi vasi e limoni in fiore.
Interno: stanze, stanze, stanze, dipinti cinquecenteschi, cieli dai colori tridimensionali che ascendono in maniera indefinita agli occhi frastornati, animali liberi sui soffitti, la fronte di Oloferne, la Natività appassionante. Una fontana (zampillante, questa volta), una sala vestita di oro, dalle cui finestre, a 10, forse 12 metri da terra,  luci speciali fanno entrare il giorno. L'espressione estatica di Narciso.

mercoledì 2 marzo 2011

Pioggia bio

Cercando riparo dalla pioggia torrenziale di questo pomeriggio, sono entrata in un negozio di prodotti biologici in via Cerveteri, a pochi passi dalla metro Re di Roma. Le vetrine mi ispiravano quella tranquillità che tipicamente diffonde un'erboristeria (di fatti in questo negozio si vendono anche prodotti erboristici). E allora entro: luci basse ma non tristi, due file di scaffali di legno -suppongo materiale di riciclo- da una delle quali sbuca un ragazzetto che senza neanche salutarmi quasi mi caccia in bocca un biscotto. "Sono al farro e cannella, arrivati stamattina, buonissimi!". Dall'altro scaffale il crunch di un'altra cliente fa eco al mio. Bene, ero proprio entrata per una merenda... neanche il tempo di dirlo che torna il ragazzo, genuinamente cortese, per cercarmi lo spuntino ideale, quello goloso e sano come solo i prodotti bio sanno essere. Dopo qualche tentativo, interrotto per servire una donna dall'accento straniero con in mano una cesta piena di prodotti , una ragazza in cerca della sua tisana, un padre giovane che paga i pannolini bio (per il figlio?) rifiutando il sacchetto di plastica, il commesso riesce a farmi contenta con delle gallette al cioccolato, latte di soia e, in regalo, il cioccolato più buono che lui abbia mai mangiato (made in Venezuela). Tra una chiacchiera e l'altra, si lamenta dei fornitori che portano quello che vogliono e quando vogliono, sordi alle richieste del negozio che ha appena cambiato gestione. A volte si tratta anche di prodotti scaduti. Ma subito aggiunge " Non che sia un problema, io mangio sempre prodotti scaduti, non fanno male per niente". Subito, noto un tavolino con dei prodotti in saldo, probabilmente quelli di cui abbiamo appena parlato. Mi concedo un altro giretto tra gli scaffali, i prezzi sono un po' alti, ma quel cibo non mi ispira alcuna preoccupazione per cosa ci sia dentro. La magia e la forza del consumo bio è proprio questa. Afferro dei cereali e quasi mi emoziono davanti alle carote sporche di terra e allo zenzero del piccolo reparto ortofrutta. Torno fuori, la pioggia batte e lava lo sporco perenne delle strade. Lì dentro, invece, nel cuore di Roma, continua a coltivarsi il tempo lento, quello dei fornitori anarchici e della produzione singhiozzante, che risponde solo alla natura. A questa alcuni uomini, eroizzati, ma anche strumentalizzati, a volte perfino "falsificati", riconoscono la propria maternità e danno ancora rispetto. Che dono che ha quel commesso lì!